domenica 17 dicembre 2017

Loveless - Andrey Zvyagintsev (Rus-Fra 2017)

    E’ una boscaglia prostrata e fredda estesa più in orizzontale che non verso l’alto, una periferia fluviale arida e dall’aspetto morente, specchio di un abbandono, di una resa dei bei sentimenti,  l’incipit (e pertanto la misura) di questo bellissimo film.  

   Quand’anche nella vita dei suoi congelati protagonisti tentasse di inserirsi nuova linfa (i due coniugi entrambe alle prese col tentativo di ricostruirsi una nuova vita affettiva), ecco che  sul davanzale di Masha (la nuova donna di Boris) compare una piantina verde il sui esile fusto si flette di novanta gradi già a pochi centimetri dal bordo del vaso, e che tutto ciò che riesce a  fare Anton (il nuovo uomo di Zenya) per stare vicino a sua figlia è quello di utilizzare le video chiamate di Skype.  Ed anche senza l’alibi delle nuove tecnologie de-socializzanti (massiccia lungo tutto il film la sottolineatura dell’alienante uso degli smartphones), ecco che anche con una madre d’altri tempi, campagnola e senza cellulare, ogni rapporto affettivo, o anche di semplice e reciproco rispetto,  è impossibile.

“Loveless” è senza amore da capo a piedi, spietatamente, in ogni risvolto, dietro ogni angolo, al di là di ogni possibile soluzione/redenzione; è freddo anche quando nasce un nuovo amore, un nuovo figlio, è freddo fin nello spirito di uno squadrone di pur benemeriti volontari, silenti e robotici, che setacciano l’ambiente alla ricerca del piccolo Alyosha come se fosse un’azione militare, è freddo nelle risposte della polizia, nelle sale degli ospedali, nell’orrore gelido degli obitori, dove, solo per un attimo, l’orrore non per ciò che vede, ma per ciò in cui, vedendolo, il “Loveless” sedimentato e incrostato  si riconosce, lascia esplodere, in Zenya prima e in Boris poi, un pianto gridato e sanguinante che li costringe a coprirsi il volto, forse più per la vergogna misconosciuta provata verso se stessi che che non per quell’orrore (solo apparentemente estraneo) che hanno appena dovuto osservare, e dal quale, forse, capiscono per un breve momento di non avere scampo.

   Impressionante la ferocia con cui Andrey Zvyagintsev morde questa vicenda ad ogni sequenza, ad ogni battuta, ad ogni sguardo scambiato od evitato; impressionante la profondità che riesce a raggiungere tale ferocia quando il bersaglio tenta di nascondersi dietro una patinata “hi-society” di una Russia moderna, dei suoi ristoranti di lusso e dei suoi reportage di guerra sceneggiati dai telegiornali, oppure sotto/sopra le lenzuola di amplessi tanto esagerati da divenire essi stessi testimoni di malessere e di palese mancanza d’amore.    

   Pluripremiato nelle migliori sedi, ma solo per il momento (aspettiamo i Golden Globes e, perché no, anche oltre). Imperdibile.
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